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"La Contessa Prinetti" di Angela Villa

Montesiro era formato da tante cascine assai distanti l'una dall'altra. Tra queste case esistevano tre ville signorili: quella del conte Prinetti Castelletti, villa De marchi e villa paradiso. C'era un'enorme differenza tra la vita degli abitanti, quasi tutti i contadini, e la vita dei signori. tra la popolazione c'erano i ricchi ed i poveri, questi quasi in miseria. I ricchi vivevano con l'estenuante lavoro dei poveri; i contadini coltivavano la terra e davano i prodotti ai padroni. Un tragico fatto cambiò il modo di vivere della contessa Prinetti. la sua figlioletta si trovava in Svizzera con la governante.

Un giorno giocherellando con delle bambine su un muretto, ma lì nascosta c'era una vipera che la morse. La governante cercò di succhiare il veleno ma aveva i denti guasti e il suo generoso gesto fu fatale ed inutile: entrambe morirono. La salma della piccola fu portata a Montesiro, nella sala del grande palazzo. tutti andarono a visitarla e a pregare in silenzio, con grande commozione. La contessa, estremamente addolorata, stava sempre vicino alla sua bambina. Ella volle che ai funerali fossero presenti i cantori della chiesa ai quali pagò la giornata di lavoro.

Anch'io partecipai al coro. Al cimitero, mentre deponevano la salma nella cappella privata, i cantori intonarono l'Eterno Riposo, e tutti piansero. La contessa Prinetti desolata, sconvolta dal dolore, cambiò vita e cominciò ad aiutare i poveri. Ella confezionava con i ferri indumenti di lana per i bambini dell'asilo, scialli e sciarpe per gli anziani. A maggio, quando dalla sua abitazione di Milano arrivava a Montesiro, distribuiva viveri per i bambini, visitava i poveri, gli ammalati, e portava tutto quello di cui avevano bisogno. Per esempio, in tempo di guerra non si trovava il miele, ed una sfollata malata di tumore, ne aveva bisogno.
La mia mamma si rivolse alla contessa che venne a vedere l'ammalata portandole il miele. In seguito veniva ogni mese a trovarla. La contessa Prinetti completava le sue opere di bene compiendo viaggi a Lourdes e a Loreto come dama di carità.

"La chiesa e il popolo "di Pozzi Ugo



La chiesa di Montesiro poteva contenere circa trecento persone. Al centro c'è l'altare maggiore, ai lati ci sono gli altari minori della Madonna e del Sacro Cuore. Davanti al crocefisso c'èra una tenda di colore viola che veniva alzata quando i parocchiani avevano bisogno di grazie.

Durante gli insegnamenti della dottrina Cristiana e la funzione della Santa messa, le donne portavano obbligatoriamente il velo di colore nero, la camicia con le maniche lunghe e stavano sedute da una parte della chiesa, separati dagli uomini che sedevano dall'altra, durante le lezioni di Dottrina, tiravano nel mezzo una lunga tenda rossa che li separava. Il prete diceva la messa in latino, rivolto verso l'abside e non verso il popolo; così non c'era alcuna partecipazione. La funzione era molto più lunga delle attuali e stancava il popolo, tanto che durante la predica gli uomini uscivano a chiaccherare sul sagrato.

Per prepararsi alla Santa Comunione si stava a digiuno stretto dalla mezzanotte del sabato. Dopo la Messa si formavano sul sagrato dei gruppetti di gente che discuteva sui vari argomenti. Il popolo era formato soprattutto da contadini analfabeti e i pochi ricchi del paese venivano riveriti con inchini e levate di cappello. La Dottrina veniva impartita dal sacerdote o dalle persone dell'Azione Cattolica. I fedeli che partecipavano imparavano molto a memoria senza porsi delle domande e molte volte non riuscivano a capire il senso delle parole.

Piccoli stralci di vita nell'asilo "Prinetti" di Montesiro raccontati da Alberto Pozzi

Come ogni mattina percorrevo la piccola strada sterrata che rasenta la villa "Prinetti", oggi divenuta una delle vie principale del paese, via De gasperi, per recarmi all'asilo del paese, gestito dalle suore del Preziosissimo Sangue di Gesù. La strada era poco più di un sentiero di campagna, dove transitava solo qualche carro trainato da muli o cavalli, la gente si conosceva tutta e sapevano che ero figlio di Sofia Fumagalli, della cascina Lesmo, questo mi permetteva di percorrerla senza neussun pericolo, nella più totale spensieratezza anche per mia madre.

All'entrata si veniva accolti da una delle due suore che gestivano l'asilo, vi era Suor Ippolita di stazza robusta e Suor Celestina, dalla corporatura esile. Nell'atrio ci si toglieva la mantellina che si metteva via con grande cura.
Ricordo che vi era una piccola scatola di legno non più grande di una nostra attuale scatola da scarpe, con sopra una statuetta che raffigurava un piccolo negretto che, si inchinava ogni volta che vi si introduceva una moneta come offerta, questo grazie ad un contrappeso e delle molle che con il peso del soldo dondolava simulando un umile inchino di ringraziamento, purtroppo raramente lo si vedeva muoversi, il motivo era la mancanza di soldi, una volta al mese passava un frate che la svuotava.

Dopo l'appello e la solita preghiera, a turno due di noi bambini andavamo da soli, con delle ceste verso il macellaio che si chiamava Dante, un uomo sui quarantacinque anni, robusto dal sorriso contagioso. Era un momento di gioia si rideva su per la salita verso la chiesa, anche qui non esisteva nessun pericolo, le poche auto che viaggiavano passano dietro la villa Prinetti, sotto il "Tumbum," un tunnel che usciva nell'attuale parcheggio della chiesa..

Dante sapendo che arrivavamo, ci preparava delle ossa che servivano per il brodo della minestra di mezzogiorno. Una volta fatto il brodo, queste ossa venivano distribuite a tutti noi bambini che le rosicchiavamo cercando la pochissima carne rimasta, questo era il nostro secondo piatto. L'asilo è pressochè come oggi almeno per la facciata esterna che da verso la strada, ricordo anche il grande cortile con dei tigli secolari dove noi giocavamo.

Una funzione particolare di quel cortile era che, per ogni richiesta, supplica o riccorrenza ci facevano girare attorno agli alberi invocando con delle laudi , l'acqua nei periodi di siccità oppure per il sole durante le pioggie prolungate e spesso per i soldi.

 

Nella foto L'asilo "Gianfranco Prinetti"

"Radici" - pensieri sulla corte del lazzaretto
Nè carretti ne rondini
ne voli di colombe sotto il portico.
Ma immutata resiste
la pura linea delle grondaie la
rustica ringhiera in ferro;
e come allora brucia nella canicola il cortile.
Discrete sentinelle
di tante ore liete
stormiscono alti, i pioppi di rimpetto
a qualche vaso di gerani
a qualche fiore che ocheggia dietro gli usci e li fa
belli.
Passato di magia e di splendore
acerbo e semplice
rivivi...fermati!
Sotto la gran volta dell'azzurro
nell'estate senz'ombra e senza suono
i pioppi, la ringhiera ed i gerani
di tanti anni fa.
Ricordo quanta vita e l'alacre frastuono
del cortile nella sera:
schiamazzavano le anatre riottose
e più forte le galline a la maison;
troncati a mezzo al gioco preferito
strillavano i bambini richiamati a cena
e dopo la minestra si sgranava la mesta tiritera del
rosario.
E ancora il tramestio e l'acre grido
dei bambini, delle rondini in volo.
So che non passeranno questa sera
scricchiolando sotto il portico i carretti
e nemmeno uno; la voce e la stanchezza
di chi toglie il basto all'asino o al cavallo.
So che non poseranno questa sera
sotto il portico i carretti in lunga schiera
e la mia nonna non verrà
fuori dall'uscio a dirmi
- guarda è tardi, è grave; ora di dormire:
Ma è troppo tardi ormai...
mi sento un groppo in gola, me ne vado.
E alle mie spalle
i pioppi, i vasi di gerani, la ringhiera
e i sogni e le speranze...di tanti anni fa.